CITAZIONE (nanni @ 25/1/2010, 02:34)
Ed io questa tua affermazione francamente, non la capisco. Quello che siamo è determinato (in buona parte) dalla disposizione dei geni. Perché assumere questo punto di vista dovrebbe farci apparire simili ai marziani non mi è assolutamente chiaro, si tratta di un punto di vista scientifico dal quale è assolutamente impossibile prescindere. Tra l'altro è improprio parlare di "infinitamente piccolo", la scienza si occupa di cose molto ma molto più piccole.
Ma no, invece è chiaro, infatti i processi vitali, a livello fisico e chimic, potrebbero essere rintracciabili con modalità simili anche possibili esseri extraterrestri.
CITAZIONE
Utilizzare esclusivamente l'apparenza esteriore per definire delle razze all'interno di una specie ci rimanda a Mendel, cancellando la scoperta del DNA e tutte le conoscenze che ne sono conseguite. Non vedo proprio cosa ci debba spingere a questa rinuncia.
Infatti l'apperenza fisica non è sufficiente in moltissimi casi.
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Ma in che modo questo influirebbe sulla definizione di (eventuali) razze umane?
In realtà volevo solo dire che indagando il codice genetico di un essere prendendo solo un elemento alla volta, potrebbe inevitabilmente far saltare fuori somiglianze anche con esseri alieni.
Una creatura va valutata geneticamente nel suo complesso ed è esattamente quello che si sostiene nell'articolo che ho postato.
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Questo mi pare azzardato, passare dall'affermazione (corretta) secondo cui l'ambiente non è l'unico fattore che influenza l'evoluzione delle specie a quella secondo cui non avrebbe alcuna importanza è assurdo. La scienza, in ogni caso, dice un'altra cosa. Di fatto stai negando l'evoluzione.
In realtà sono un gran sostenitore dell'evoluzione.
Prima di tutto vorrei far presente che il termine "evoluzione" è fuorviante in quanto spesso si può parlare di involuzione: basti pensare a certi animali che per adattamento perdono la vista, le zampe o, come nel caso dell'Uomo, le capacità olfattive per far posto ad altre funzioni, quindi dovremmo dire "adattamento". Ma attenzione, l'adattamento non deve farci credere che la Natura disponga di materia amorfa e la plasma come vuole, infatti, nonostante l'adattamento, certi caratteri originari una volta fissatisi tendono a non sparire più, a diventare come una sorta di "marchio". Pensiamo, infatti, ai vertebrati: tutti sono tetrapodi e tutti hanno la medesima struttura scheletrina pur nella diversità delle proporzioni. Pensiamo alle mani / zampe. Agli albori della conquista delle terre emerse i primi pesci a pinne con ossa hanno dato vita ad anfibi con un numero non costante di dita, pensiamo all'Ichthyostega, un anfibio primitivo con 6 o se non ricordo male 7 dita per zampa. Successivamente si afferma il modello a 5 dita e da allora in poi non è più mutato. Possiamo dire che i cavalli hanno un solo dito, ma le altre sono atrofizzate. Dunque, nonostante l'adattamento, si parte da un modello unico che ormai da milioni di anni non è più mutato. Quindi l'adattamento agisce su strutture fissate da tempo e difficilmente le sconvolge se non vi è una seria ragione legata alla sopravvivenza.
Quindi quando dico che molti caratteri si prensentano contemporanemante in un gruppo razziale umano, ho ragione. Il semplice adattamento è insufficiente per modificare il taglio e il colore degli occhi, la radice del naso degli Eschimesi, infatti la contemporanea presenza di questi tratti tende a restare e a renderli diversi da gruppi europoidi leucodermi che vivono nel medesimo ambiente.
Non troverai mai e poi mai gli occhi a mandorla associati al colore azzurro o verde. Non troverai mai un individuo leucoderma associato a prognatismo, a labra grandi e carnose e ad un naso largo e quasi piatto.
Questi sono fatti innegabili e osservabili ogni giorno.
Quindi è verissimo che un certo colore della pelle tende ad associarsi ad un certo tipo di occhi, di naso, di cranio e di corporatura.
Prendendo un gene alla volta non riuscirai a vedere le razze. Ma se si prendono in considerazione più geni variabili (qualche centinaio) è facile individuarle, anche se si trovano antiche tracce di appartenenza ad altri gruppi umani.
Gli incroci sono un altro discorso, la loro presenza è fisiologica nei territori di contatto tra due gruppi umani. Sono questi che danno l'impressione di continuità tra un gruppo umano e l'altro.
CITAZIONE
Che io lo faccia erroneamente lo devi ancora dimostrare.
Che esistano set di caratteri esclusivi di una determinata razza umana è un dato di fatto.
L'occhio a mandorla, il colore scuro, la pelle giallognola o pallida, un naso piatto, una determinata sezione dei capelli, conformazione cranica si associano sempre e costantemente nelle popolazioni mongoliche.
Non troverai mai un occhio a mandorla associato ad un colore della pelle nera e contemporaneamente ad un iride verde.
La genetica è molto precisa, non è un "bordello" come qualcuno vuol far credere.
CITAZIONE
La scienza sostiene quello che sostengo io. La persona di cui hai citato l'articolo sembra avere un'idea decisamente imprecisa su cosa si intenda, in biologia, per razza. Leggo che è un esperto in nematodi. Forse sui nematodi ne sa di più.
Poi tu pensala come ti pare.
Non è affatto vero. La scienza ti dà torto su tutta la linea: le razze umane sono facilmente identificabili.
E comunque screditare una persona, vizio tipico della sinistra, come dire è esperto solo di vermi, non è un buon viatico.
Io non ho screditato coloro che condividono il tuo punto di vista, ho detto che sono palesemente in malafede e impauriti dal rischio di apparire razzisti e che sacrificano la verità scientifica sull'altare del politicamente corretto.
La negazione dell'esistenza delle razze non solo è un non senso scientifico in antropologia, ma è anche dannoso, non solo perché ignora colpevolmente la biodiversità umana (che è una ricchezza già di per se), ma anche perché, in perfetto stile oscurantista, chiude le porte alla stessa ricerca medica.
Determinati caratteri che costituiscono una razza possono anche influenzare la terapia. Gli afroamericani rispondono poco ad alcuni dei farmaci principalmente usati nel trattamento delle cardiopatie - in particolare i betabloccanti e gli inibitori dell´enzima che converte l´angiotensina. Gli Ebrei sefarditi hanno caratteristiche ematiche tutte loro.
Le ditte farmaceutiche ne tengono conto.
Molti nuovi farmaci oggi portano l´avvertenza che la loro efficacia può risultare ridotta per alcuni gruppi etnici o razziali.
Il fatto che vi siano proprio queste avvertenze, la dice lunga sull'esitenza o meno delle razze, in barba chi dice che non esistono.
La verità è che pubblicamente si tenta di sviare il discorso con eufemismi e affermazioni ponderate in maniera tale da non urtare la sensibilità degli antirazzisti in malafede. Ma nella realtà della ricerca scientifica in laboratorio, delle razze si tiene conto eccome!